Una storia italiana: Olivetti

 In Impresa

Qualche decennio fa esistevano aziende italiane in grado di portare una visione del mercato all’avanguardia, lungimiranza in grado di fornire le giuste strategie per il futuro. Una delle aziende più importanti di quella stagione fu di certo Olivetti, un colosso delle macchine da scrivere che fu capace di innovare in modo inaspettato.

Camillo Olivetti: l’inizio della storia

Il fondatore dell’azienda Olivetti fu Camillo Olivetti nel 1908 dopo tante peripezie. Infatti fu uno studente di Ingegneria elettrotecnica e si laureò nel 1891, conobbe anche la realtà delle fabbriche londinesi, grazie a quest’esperienza acquisì la padronanza della lingua inglese. Inoltre viaggiò anche negli Stati Uniti per un intero anno, conobbe anche Thomas Edison ed insegnò all’università di Palo Alto.

La sua vita fu sempre assorbita da idee imprenditoriali più o meno fortunate, tra cui una che lo portò a Milano, senza successo. Alla fine ritornò ad Ivrea, nella quale era nato, e decise di mettere in pratica un’idea che aveva avuto proprio in America. Iniziò a lavorare sul progetto della macchina da scrivere.

La fondazione della ditta Olivetti

Ideare la macchina da scrivere fu un’impresa molto più complessa del previsto. Questo perché le grandi industrie produttrici in America avevano brevettato diverse soluzioni. Per questo la fase di studio fu lunga e prima di ottenere un buon prototipo trascorse del tempo. Nel 1907 tornò anche in USA per visitare alcune fabbriche. Nel 1908 nacque la Società in accomandita semplice Ing. C. Olivetti & C. con circa venti operai al lavoro. La crescita fu abbastanza rapida e già nel 1912 si apriva la prima filiale con sede a Milano. Qualche anno dopo, nel 1929, già il numero era aumentato a 500 dipendenti e l’impresa aveva avuto la capacità di riuscire a rinnovarsi, superando crisi economiche e guerre.

Il futuro nell’elettronica

La crescita per decenni fu inarrestabile, si passò da cinquecento dipendenti nel 1929, nel 1942 erano giunti addirittura a quattromila, nonostante il conflitto. Le filiali internazionali erano state aperte in Francia, Brasile, Argentina e Belgio. Nel corso del 1958 fu aperta una nuova divisione all’avanguardia per l’azienda. Infatti, intanto era cambiata la dirigenza dell’azienda. Adriano era succeduto al padre a seguito della morte durante il conflitto mondiale. Era un uomo proiettato verso il futuro e fu grazie a lui che nacque Elea 9003. Per l’epoca un computer era davvero avveniristico perché l’informatica praticamente non esisteva e tutto era difficile e pioneristico.

Elea 9003: una macchina futuristica

Il computer che prese il nome di Elea 9003 era un progetto rivoluzionario per l’epoca nella quale è nato. Infatti anche l’aspetto estetico era profondamente diverso rispetto a quello di un tradizionale computer. Occupava ancora un’intera stanza ma era pensato per essere accessibile nei diversi moduli da un tecnico senza utilizzo di scale, perché non toccava il soffitto. All’epoca non esistevano mouse o tastiere, e nemmeno sistemi operativi, quindi l’interazione avveniva fisicamente.

La mente dietro la parte tecnologica dell’Elea 9003 fu Mario Tchou, un ingegnere di origini cinesi che fu reclutato dalla Olivetti nel 1954. Lavorò per cinque anni al prototipo della futura Elea. La visione di quest’uomo fu molto lungimirante perché decise di impiegare i transistor, questi erano una nuova tecnologia ma già erano visti come il futuro da Tchou che non voleva le valvole tradizionali.

L’inaspettata morte di Adriano

La prematura morte di Adriano Olivetti, vittima di un’emorragia cerebrale, e la scomparsa di Mario Tchou misero a dura prova l’espansione nel settore elettronico. All’inizio degli anni sessanta i problemi economici costringono l’azienda a rivedere le strategie, alla fine si decide, in modo poco lungimirante, di tagliare il ramo elettronico. 

Purtroppo il futuro per Olivetti non è roseo, non più come una volta. Adriano muore in treno in direzione Losanna a causa di un’emorragia cerebrale che lo lascia senza scampo. Mario Tchou morì in un incidente d’auto che lasciò la divisione elettronica senza la sua mente più importante. Gli anni Sessanta furono segnati da problemi economici che costrinsero l’azienda a vendere il dipartimento dedicato all’elettronica. Il declino iniziò da quel momento.

Negli anni successivi l’Olivetti subisce un declino inesorabile che poi la porterà negli anni Novanta ad entrare nel gruppo TIM. 

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